È cominciato un nuovo anno, siamo pieni di ottimi propositi, siamo freschi e impenetrabili, pronti a lasciare il passato nella prima campana dell’umido che troviamo. Soprattutto se l’anno appena finito era il 2020, giusto? Che liberazione! William Shakespeare per primo ha usato questa espressione, “good riddance”. Andiamo a scoprire la sua origine!
“Good riddance to bad rubbish” è un’espressione di piacere per essersi liberati di un qualche fastidio – sì, spesso si intende un individuo. Raramente troviamo la parola “riddance” da sola ormai, è sempre associata a “good” per formare questo modo di dire davvero diffusissimo.
Ma non è sempre stato così. Nel 16esimo secolo “riddance” era un sostantivo di uso generico che significava anche salvezza, riscatto; in più, era associato ad aggettivi come “felice” e “lieto” (“happy”, “gladsome”, “gentle”).
Vediamo questo esempio da Il Mercante di Venezia:
PORTIA:
A gentle riddance.—
Draw the curtains, go.—
Let all of his complexion choose me so.
(The Merchant of Venice, act 2, scene 7)
PORZIA:
Una felice liberazione. Via, accostate la tenda.
Mi scelgano alla sua stessa maniera
altri della sua pelle nera.
(Il Mercante di Venezia, atto II, scena VII)
Cosa sta dicendo dunque Porzia? Sta augurando al Principe del Marocco un felice ritorno in patria e un futuro riscatto personale? O è solo felice di essersene liberata? Ed ecco un dubbio che avremo per sempre perché guess what Shakespeare ci ha lasciati un po’ di tempo fa. Sad face.
Comunque, è stato sicuramente lui a mettere insieme le parole “good” e “riddance”, la prima volta in Troilo e Cressida, Atto II, Scena I (The Tragedy of Troilus and Cressida, act 2, scene 1, 1606):
THERSITES:
I will hold my peace when Achilles’ brach bids me, shall I?
ACHILLES:
There’s for you, Patroclus.
THERSITES:
I will see you hanged, like clotpoles, ere I come any more to your tents: I will keep where there is wit stirring and leave the faction of fools. (Exits)
PATROCLUS:
A good riddance.
TERSITE:
Starò dunque zitto perché me lo ordina la cagna d’Achille?
ACHILLE:
E questa è per te, Patroclo.
TERSITE:
Voglio vedervi appesi per il collo come un mazzo di cipolle prima di tornare qui alle vostre tende. Vado a respirare l’aria della ragione, e lascio il reparto dei folli. (Esce)
PATROCLO:
Ora si respira!
Tersite è un bulletto sbruffone che si diverte a prendere in giro altri greci che, a differenza sua, hanno saldi valori. Prima sbeffeggia Patroclo chiamandolo “Achilles’ brach” – cioè “Achilles’ bitch”, la cagna di Achille – per il rapporto di amicizia intima tra lui e Achille. Poi dice che tornerà a intrattenerli solo quando li vedrà appesi per il collo, come dovrebbero stare gli stupidi (“hanged like clotpoles”). Non meravigliamoci se Patroclo è felice che Tersite si sia levato di torno, decisamente una liberazione!
Fun fact: “clotpole” non vuol dire niente. Secondo Urban Dictionary, si usa per indicare una persona idiota, stupida, che è ignara di ciò che le succede intorno. Nello slang elisabettiano era un insulto come i nostri “testa di legno” o “testa di rapa”.
La parte finale dell’espressione, “to bad rubbish”, è stata aggiunta verso la fine del 18esimo secolo e compare per la prima volta quando Tobias Smollett scrive una critica piuttosto aspra (e senza apparente motivo) verso il poeta inglese Samuel Jackson Pratt in The Critical Review, 1805:
“But we are sorry … to consider Mr. Pratt’s writings as ‘purely evil’ … we should really look upon this author’s departure from the world of literature as a good riddance of bad rubbish.”
“Ma siamo spiacenti … di considerare gli scritti del signor Pratt “puramente maligni” … dovremmo guardare alla dipartita di questo autore dal mondo della letteratura come una liberazione dalle scorie cattive.”
Fun fact n. 2: dove sarebbero i Green Day se non ci fosse stato William Shakespeare? Obbligatorio citare la loro canzone “Good Riddance (Time of your life)”.
Le illustrazioni de Il Mercante di Venezia presenti in questo articolo sono dell’illustratrice e fumettista rumena Maria Surducan.